Ricorso ex art. 27, comma  2  della  Costituzione  della  Regione
Piemonte (cod. fisc. 80087670016), in persona  del  Presidente  della
giunta regionale pro  tempore  on.  Alberto  Cirio,  autorizzato  con
deliberazione della giunta regionale del 18 novembre 2022, n. 36-5992
(doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale  in  calce
al presente ricorso, dall'avv. Marco Piovano [c.f. PVNMRC63M17A326O -
pec marcopiovano@pec.ordineavvocatitorino.it - fax 011-432.48.89],  e
con domicilio eletto presso il di lui studio in Torino - corso Regina
Margherita n. 174, e domicilio digitale presso l'indirizzo  di  posta
elettronica  certificata  marcopiovano@pec.ordineavvocatitorino.it  -
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, dell'art.  19,
comma 1, lettera b) numeri 1 e 2, del decreto-legge 9 agosto 2022, n.
115 recante: «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica,
politiche sociali  e  industriali»,  di  modifica  dell'art.  29  del
decreto legislativo n. 68/2011, come convertito in legge dalla  legge
di conversione 21 settembre 2022, n. 142, pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 21 settembre 2022, n. 221, per  violazione  degli  articoli
117, terzo e quarto comma, e 119 della Costituzione, del principio di
leale  collaborazione  (articoli  5  e  120,  secondo   comma   della
Costituzione). 
 
                                Fatto 
 
    Nella Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2022, n. 221  e'  stata
pubblicata la legge 21 settembre 2022, n. 142,  recante  «Conversione
in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115,
recante misure urgenti  in  materia  di  energia,  emergenza  idrica,
politiche sociali e industriali.». 
    La legge di conversione, in particolare, per quanto qui occupa si
limita a confermare il tenore del disposto dell'art. 19, commi 1 e 2,
del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 con cui  sono  apportate,  ai
fini  del  riparto  delle  risorse  destinate  alla   copertura   dei
fabbisogni  standard  del  Servizio   sanitario   nazionale,   talune
modificazioni all'art. 27 del decreto legislativo 6 maggio  2011,  n.
68, oggetto dell'odierno ricorso. 
    L'art. 19, comma 1, lettera b), recita: 
        1. All'art. 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68,
sono apportate le seguenti modificazioni: 
          a) (omissis); 
          b) al comma 7: 
1) al quinto periodo,  le  parole:  «per  il  solo  anno  2021»  sono
sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2021  e  2022»,  le  parole:
«per il medesimo anno 2021» sono sostituite dalle seguenti: «per  gli
anni 2021 e 2022» e  dopo  le  parole:  «al  1°  gennaio  2020»  sono
aggiunte le seguenti: «per il riparto 2021 e al 1° gennaio  2021  per
il riparto 2022; 
2) dopo il quinto periodo sono aggiunti i seguenti: «Per l'anno 2022,
nel caso in cui non venga raggiunta l'intesa prevista dal comma 1, il
decreto di determinazione provvisoria  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard di cui al comma 1-bis, lettera b), e' adottato entro  il  30
settembre 2022 mentre il decreto di determinazione definitiva di  cui
al comma 1-bis, lettera d), e' adottato entro il  31  dicembre  2022.
Entro il 31 dicembre 2022 il Ministro della salute, di  concerto  con
il Ministro dell'economia e  delle  finanze,  previa  intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, emana il decreto di cui  al
secondo periodo del presente comma». 
    Per effetto delle sopra riportate modifiche,  il  quinto  periodo
del comma 7 dell'art. 27 del decreto legislativo n.  68/2011  risulta
cosi' formulato: 
        «In via transitoria, per gli anni 2021  e  2022,  nelle  more
dell'applicazione di quanto previsto al secondo periodo del  presente
comma ed in deroga a quanto previsto dal quarto periodo del  presente
comma, al fine di tenere conto della  proposta  regionale  presentata
dal Presidente  della  Conferenza  delle  regioni  e  delle  province
autonome il 15 aprile 2021, l'85 per cento  delle  risorse  destinate
alla copertura del fabbisogno standard nazionale per gli anni 2021  e
2022 sono ripartite secondo i criteri di cui al presente comma  e  il
restante 15 per cento delle medesime risorse e' ripartito sulla  base
della popolazione residente  riferita  al  1°  gennaio  2020  per  il
riparto 2021 e al 1° gennaio 2021 per il  riparto  2022.  Per  l'anno
2022, nel caso in cui non venga raggiunta l'intesa prevista dal comma
1,  il  decreto  di  determinazione  provvisoria  dei  costi  e   dei
fabbisogni standard di cui al comma 1-bis, lettera  b),  e'  adottato
entro il 30  settembre  2022  mentre  il  decreto  di  determinazione
definitiva di cui al comma 1-bis, lettera d), e' adottato entro il 31
dicembre 2022. Entro il 31 dicembre 2022 il Ministro della salute, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni
e le Province autonome di Trento e di Bolzano, emana  il  decreto  di
cui al secondo periodo del presente comma;». 
    Nella sostanza si assiste alla proroga per l'esercizio  2022  del
regime derogatorio eccezionalmente  approntato  transitoriamente  per
l'annualita' precedente. 
    Piu' in particolare, il sopracitato art. 19, comma 1, lettera b),
senza prevedere una preventiva intesa con la Conferenza Stato-regioni
- pur prevista in materia di riparto del Fondo sanitario dall'art. 1,
comma 34-bis, della legge n.  662/1996  e  dall'art.  115,  comma  1,
lettera a) del decreto legislativo n. 112/1998 -, ha esteso  all'anno
2022 il regime transitorio di riparto - previsto, per  il  solo  anno
2021, dall'art. 27, comma 7, quinto periodo, del decreto  legislativo
n. 68/2011 - determinando una modifica dei criteri di  riparto  delle
risorse indistinte per il SSN per l'anno 2022, in deroga ai  generali
criteri di cui agli articoli 25, 26 e 27,  primo  comma  del  decreto
legislativo  n.  68/2011  nonche'  in  contrasto  con   gli   accordi
intervenuti tra le regioni in sede di riparto 2021  circa  la  natura
assolutamente transitoria e straordinaria della  deroga  operata  per
quell'anno. 
    Il comma in questione,  infatti,  riporta,  anche  per  il  2022,
l'applicazione  del  criterio  del  costo  standard  pesato  soltanto
sull'85% del Fondo penalizzando nuovamente le regioni con popolazione
piu' anziana che vedono ridursi la pesatura per eta' con  conseguente
pregiudizio economico in termini di minor riparto, per  la  esponente
regione, di un ammontare pari a circa 25 milioni di euro (si veda  il
doc. 2, proiezione effetti misura sul 2022). 
    Quanto precede senza preventiva intesa in  seno  alla  Conferenza
Stato-regioni, anzi, la disposizione prevede espressamente,  in  caso
di mancata intesa, che il decreto di determinazione  provvisoria  dei
costi e dei fabbisogni standard di cui al comma  1-bis,  lettera  b),
venga adottato entro il  30  settembre  2022  mentre  il  decreto  di
determinazione definitiva di cui al comma 1-bis, lettera d), entro il
31 dicembre 2022. 
    La ricorrente regione ritiene tale modus operandi non conforme ai
principi costituzionali. 
    Occorre  preliminarmente  rilevare  che   dal   1978   (anno   di
istituzione del FSN) ad oggi l'ammontare totale da destinare al Fondo
e' stato determinato in base a scelte  di  bilancio,  partendo  dalla
spesa dell'anno precedente e incrementandola a seconda delle  risorse
disponibili. 
    La ripartizione di  questo  totale  tra  le  regioni  ha  seguito
diversi  schemi.  Quello  introdotto  nel  1996  mostrava  una  certa
attenzione per le realta' territoriali, non utilizzando  comunque  un
indice di deprivazione sanitaria. Con esso,  infatti,  la  spesa  pro
capite dipendeva non solo dalla frequenza dei  consumi  sanitari  per
eta' e per sesso (criterio che di fatto rimanda alla spesa  storica),
ma anche indici  di  fabbisogno  sanitario  locale,  quali  tassi  di
mortalita', indicatori relativi a particolari situazioni territoriali
ed indicatori epidemiologici territoriali. 
    I criteri di riparto furono a lungo al centro del  dibatto  e  le
modifiche che seguirono furono di fatto il frutto della  negoziazione
tra Stato e regioni mentre oggi si assiste, lo  dimostra  la  mancata
intesa sulla disposizione di legge  qui  contestata,  ad  uno  stallo
delle relazioni interistituzionali. 
    Nel corso dei successivi decenni il metodo di calcolo del riparto
ha subito periodiche modifiche. 
    Per quanto qui piu' rileva, lo  schema  attuale,  introdotto  nel
2011 dal decreto legislativo n. 68 in attuazione della  legge  delega
n. 42/2009, considera, per la determinazione della spesa pro  capite,
solo la composizione anagrafica della popolazione. 
    Ebbene, come chiarisce  l'art.  25  del  decreto  legislativo  n.
68/2011, di apertura del capo dedicato a «Costi e fabbisogni standard
nel settore sanitario», questi ultimi costituiscono i riferimenti cui
rapportare il finanziamento integrale della spesa sanitaria (art. 25,
comma 3, decreto legislativo n. 68/2011). 
    Il  fabbisogno   sanitario   standard   rappresenta   l'ammontare
complessivo di risorse necessarie ad assicurare i livelli  essenziali
di assistenza in condizioni di efficienza ed appropriatezza (art. 25,
comma 2). 
    Il fabbisogno sanitario nazionale standard viene  determinato  in
coerenza sia con il quadro macroeconomico complessivo e nel  rispetto
dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti  dall'Italia
in  sede  comunitaria,  sia  con  il   fabbisogno   derivante   dalla
determinazione dei livelli essenziali di assistenza (art.  26,  comma
1). 
    Il  Ministro  della  salute,  di   concerto   con   il   Ministro
dell'economia  e  delle   finanze,   d'intesa   con   la   Conferenza
Stato-regioni, determina annualmente i costi e i fabbisogni  standard
regionali (art. 27, comma 1). 
    Piu' precisamente, con riguardo  ai  macrolivelli  di  assistenza
stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  del
12  gennaio  2017,  di  aggiornamento  e  definizione   dei   livelli
essenziali delle prestazioni, vengono individuati i seguenti  livelli
percentuali  di  finanziamento  della  spesa  sanitaria:  a)  5%  per
l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; b)
51%  per  l'assistenza  distrettuale;   c)   44%   per   l'assistenza
ospedaliera (art. 27, comma 3). 
    Il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni a  statuto
ordinario, cumulativamente pari al livello del  fabbisogno  sanitario
nazionale standard, viene, poi, determinato «[...] applicando a tutte
le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento». 
    Le regioni di riferimento, o benchmark, sono «le tre regioni, tra
cui obbligatoriamente la prima, scelte dalla Conferenza Stato-regioni
tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con  il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito  il  Ministro  per  i
rapporti con le regioni e per la  coesione  territoriale,  in  quanto
migliori  cinque  regioni  che,  avendo  garantito  l'erogazione  dei
livelli  essenziali  di  assistenza  in  condizione   di   equilibrio
economico, comunque non essendo assoggettate a  piano  di  rientro  e
risultando adempienti [...] sono individuate in  base  a  criteri  di
qualita' dei servizi erogati,  appropriatezza  ed  efficienza  [...]»
(art. 27, comma 5). 
    Il decreto considera  in  equilibrio  economico  le  regioni  che
«garantiscono l'erogazione dei livelli essenziali  di  assistenza  in
condizioni di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie
stabilite  dalla  vigente  legislazione  a  livello  nazionale,   ivi
comprese le entrate proprie regionali effettive». 
    Le regioni in equilibrio economico vengono individuate in base ai
risultati relativi  al  secondo  esercizio  precedente  a  quello  di
riferimento (art. 27, comma 6). 
    Nell'individuazione delle  regioni  benchmark  occorre,  inoltre,
garantire  una  rappresentativita'   territoriale   in   termini   di
appartenenza al Nord, al centro e al  Sud,  considerando  almeno  una
regione di piccole dimensioni (art. 27, comma 5). 
    I costi standard vengono, cosi', computati  a  livello  aggregato
per  ciascuno  dei  tre  macrolivelli   di   assistenza   (assistenza
collettiva, assistenza distrettuale e assistenza  ospedaliera)  sulla
base della media pro capite pesata del costo registrato dalle regioni
di riferimento (art. 27, comma 6). 
    Le cifre  cosi'  individuate  vanno  applicate  alla  popolazione
regionale pesata per classi di eta' (art. 27, comma 7). 
    Ai sensi del comma 7, dell'art. 27, come modificato dall'art.  1,
comma 601, della legge n. 190/2014 (1) , a decorrere dall'anno 2015 i
pesi sono definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa  con  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di  Bolzano,  sulla  base  dei  criteri
previsti dall'art. 1, comma 34-bis, della legge n. 662/1996. 
    Inoltre, ai  sensi  del  comma  7-bis  dell'art.  27,  introdotto
dall'art. 6, comma 4-bis, del decreto-legge n.  210/2015,  convertito
con modificazioni in legge n. 21/2016, anche per  l'anno  2016  viene
prorogata l'individuazione, come regioni di  riferimento,  di  quelle
stabilite dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le Province autonome di Trento e di  Bolzano  nella  seduta
del 17 dicembre 2015, e per la determinazione dei fabbisogni standard
regionali in materia di sanita' vengono confermati i costi pro capite
per livelli assistenziali delle regioni di riferimento  rilevati  dai
modelli LA 2013 (ovvero  i  modelli  di  rilevazione  dei  costi  dei
livelli di assistenza delle Aziende unita' sanitarie locali  e  delle
Aziende ospedaliere), nonche' i medesimi  pesi  per  classi  di  eta'
adottati in sede di determinazione dei fabbisogni standard  regionali
per l'anno 2015. 
    Infine, con l'art. 35, primo comma del decreto-legge n. 73 del 25
maggio 2021, recante «Disposizioni finanziarie in materia sanitaria»,
il Governo ha disposto: 
        1. All'art. 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.  68,
sono apportate le seguenti modificazioni: 
          a) (...); 
          b) alla fine del comma 7 e' inserito il  seguente  periodo:
«In  via  transitoria,  per   il   solo   anno   2021,   nelle   more
dell'applicazione di quanto previsto al secondo periodo del  presente
comma ed in deroga a quanto previsto dal quarto periodo del  presente
comma, al fine di tenere conto della  proposta  regionale  presentata
dal Presidente  della  Conferenza  delle  regioni  e  delle  province
autonome il 15 aprile 2021, l'85 per cento  delle  risorse  destinate
alla copertura del fabbisogno standard nazionale per il medesimo anno
2021 sono ripartite secondo i criteri di cui al presente comma  e  il
restante 15 per cento delle medesime risorse e' ripartito sulla  base
della popolazione residente riferita al 1° gennaio 2020». 
    L'eccezionalita' del momento storico e l'unicita' di applicazione
(«in via transitoria per il solo anno 2021») di un criterio deteriore
per le regioni con popolazione piu' anziana quali  la  esponente,  ha
dunque fatto si' che sull'introduzione della disposizione di legge in
parola venisse comunque formalizzata l'intesa in seno alla Conferenza
(intesa CSR del 4 agosto 2021), determinando altresi' la esponente  a
non promuoverne l'impugnazione avanti all'intestata Corte. 
    Senonche', da ultimo, con la  disposizione  di  legge  della  cui
conformita' ai precetti  costituzionali  qui  si  dubita,  il  regime
derogatorio previsto dall'art. 35, lettera b)  del  decreto-legge  n.
73/2021 «solo» per l'annualita' 2021, e' stato esteso - sempre in via
transitoria - anche all'annualita' 2022 senza che  la  fissazione  di
tali criteri di riparto, deroganti i piu' generali criteri di cui  al
medesimo art. 27  del  decreto  legislativo  n.  68/2011,  sia  stata
preceduta  dalla  pur  prevista  intesa  in  seno   alla   Conferenza
Stato-regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (art. 27, primo
comma). 
    Da qui la presente impugnazione. 
 
                               Diritto 
 
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma  1,  lettera  b)
numeri 1  e  2,  del  decreto-legge  7  agosto  2022,  n.  115,  come
convertito in legge dalla legge di conversione 21 settembre 2022,  n.
142, per violazione del principio di leale collaborazione (art.  120,
secondo comma della Costituzione). 
    1.1. Per meglio cogliere le ragioni sottese al presente  ricorso,
a integrazione di quanto in premessa dedotto in merito al sistema  di
riparto fra le  regioni  del  Fondo  sanitario  attualmente  vigente,
ancora si  rileva  che  secondo  la  legge  istitutiva  del  SSN,  la
ripartizione delle risorse tra le regioni deve avvenire  «sulla  base
di indici e di standard  ...  (che)  devono  tendere  a  garantire  i
livelli di prestazioni sanitarie ... in modo  uniforme  su  tutto  il
territorio  nazionale,  eliminando  progressivamente  le   differenze
strutturali e di prestazioni tra  le  regioni»  (art.  51,  legge  n.
833/1978). 
    Successivamente, l'art. 1, comma 34-bis, della legge 23  dicembre
1996, n. 662, ha disposto: «Ai fini della determinazione della  quota
capitaria, in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale,  ai
sensi dell'art. 12, comma 3,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992,   n.   502,   e   successive   modificazioni,    il    Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta
del Ministro della sanita', d'intesa con la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di  Trento
e di Bolzano, stabilisce i pesi da attribuire ai  seguenti  elementi:
popolazione residente, frequenza dei consumi sanitari per eta' e  per
sesso, tassi di mortalita' della popolazione, indicatori  relativi  a
particolari  situazioni  territoriali  ritenuti  utili  al  fine   di
definire   i   bisogni   sanitari   delle   regioni   ed   indicatori
epidemiologici territoriali». 
    E' dunque principio generale  dell'ordinamento  che  presiede  al
riparto statale fra le singole regioni del Fondo sanitario  nazionale
che tale riparto venga operato in accordo con le  seconde  attraverso
l'espressione dell'intesa in seno alla Conferenza permanente. 
    La necessita' di raggiungere la preventiva intesa  in  ordine  ai
criteri di riparto, come osservato in  precedenza,  e'  poi  ribadita
anche dal primo comma dell'art. 27 del decreto legislativo n. 68/2011
integrato dalla disposizione qui contestata. 
    Il meccanismo generale  di  riparto  prende  il  nome  di  «quota
capitaria pesata» ed e' costituito da un insieme articolato di regole
che si applicano alla popolazione delle regioni: la numerosita' della
popolazione residente e' il principio guida  del  riparto  (cioe':  a
maggiore popolazione corrispondono maggiori risorse) ma tale  valore,
per i diversi livelli essenziali di assistenza (LEA), viene  modulato
(pesato) di volta in volta in funzione degli accordi che intercorrono
tra le regioni stesse. Il  risultato  e'  una  popolazione  regionale
«pesata» (inferiore, uguale, o superiore, alla popolazione  reale  in
funzione  di  come  giocano  i  criteri  di  pesatura  adottati)  che
definisce la quota di partecipazione (piu' precisamente: di  riparto)
di ogni regione al FSN. Il metodo prende il nome di «quota  capitaria
pesata» perche' il conteggio di base parte dal numero  dei  cittadini
(teste), ma il peso di ciascuno di loro differisce da uno in funzione
di come si combinano i criteri di pesatura adottati. 
    Quanto precede a ragione  dell'evidenza  scientifica  (risultante
dai consuntivi  di  spesa)  che  sia  la  quota  piu'  anziana  della
popolazione ad assorbire il maggior quantitativo di risorse. 
    La quota capitaria puo' dunque venire definita  come  l'ammontare
di risorse necessarie per soddisfare i bisogni di salute di una  data
persona, con certe caratteristiche, per un dato periodo di  tempo.  I
bisogni sanitari dei cittadini, infatti, sono molto  variabili  l'uno
dall'altro  e  dipendono  da  fattori  personali  come   l'eta',   la
morbosita', gli  stili  di  vita,  insieme  a  fattori  ambientali  e
socioculturali. 
    Come rilevato, i luoghi deputati dall'ordinamento per comporre  i
vari interessi,  anche  contrapposti,  intercorrenti  fra  le  stesse
regioni e fra le  regioni  e  lo  Stato,  sono,  rispettivamente,  la
Conferenza permanente delle regioni  e  delle  Province  autonome  di
Trento e Bolzano, e la Conferenza permanente Stato-regioni e Province
autonome di Trento e Bolzano che, nel  caso,  non  essendo  stata  in
alcun modo coinvolta  nella  predisposizione  della  disposizione  in
parola non ha potuto sottoscrivere alcuna intesa o  rilasciare  alcun
parere. 
    E, invero, nel corso della seduta della Conferenza unificata  del
14 settembre 2022 (doc. 3) la Regione Piemonte  era  assente,  ma  il
documento  recante  la  posizione  delle  regioni  e  delle  province
autonome sulla conversione del richiamato decreto-legge  n.  115/2022
allegato all'atto della Conferenza e'  un  parere  nei  termini  (ne'
favorevole ne'  contrario);  nelle  premesse  dell'atto,  nell'ultimo
considerato e' infatti  riferito  che  le  regioni,  nel  rendere  il
parere, hanno preso atto dell'approvazione del provvedimento da parte
del Senato;  nel  contempo,  nel  documento  della  Conferenza  delle
regioni  e  delle  province  autonome  allegato  al   verbale   della
Conferenza unificata per costituirne parte  integrante  (sub  1),  al
paragrafo «sanita'» si legge (a pag. 3):  «Con  riferimento  all'art.
19, si evidenzia che l'introduzione di tale norma rappresenta per  il
sistema delle regioni una forte criticita', anche  in  ragione  delle
competenze riconosciute in materia dalla Costituzione alle regioni  e
alle province autonome e si fa  rilevare  che  nella  predisposizione
della norma non  vi  e'  stato  un  preventivo  coinvolgimento  delle
regioni e delle province autonome, venendo meno  il  metodo  fino  ad
oggi seguito ispirato  al  principio  di  leale  collaborazione,  che
prevede  il  raggiungimento  di  un  accordo  politico  in  sede   di
Conferenza delle regioni e delle  province  autonome  ai  fini  della
definizione del riparto delle disponibilita' finanziare per il SSN.». 
    Si contesta in questa sede,  quindi,  il  mancato  coinvolgimento
delle regioni nelle decisioni relative alla gestione delle stesse. In
particolare, si  contesta  l'omessa  previsione,  in  violazione  del
principio di leale  collaborazione,  di  far  precedere  l'estensione
della deroga ai criteri generali di  computo  della  quota  capitaria
(pesatura sul 100% della popolazione per  specifici  LEA)  dalla  pur
prevista   intesa   della   Conferenza   Stato-regioni,    sede    di
partecipazione regionale ai  procedimenti  di  adozione  dei  decreti
governativi cui le disposizioni di legge qui impugnate  fanno  rinvio
ai fini  della  determinazione  dei  criteri  e  delle  modalita'  di
ripartizione delle risorse finanziarie. 
    Codesta ecc.ma  Corte  costituzionale,  infatti,  ha  piu'  volte
affermato  la  necessita'  di  applicare  il   principio   di   leale
collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con
vincolo  di  destinazione,  che  incide  su  materie  di   competenza
regionale (residuale o concorrente). In particolare essa ha  ribadito
che,  in  tali  casi,  devono   essere   predisposti   strumenti   di
coinvolgimento delle regioni, nella forma dell'intesa o  del  parere,
quanto alle decisioni  relative  ai  criteri  e  alle  modalita'  del
riparto o della riduzione (per la  esponente  regione  nel  caso  qui
all'esame) del trasferimento destinato a enti territoriali o,  anche,
direttamente a soggetti privati. 
    Cio' e' avvenuto, principalmente, in due ipotesi. 
    Anzitutto,  nei  casi  in  cui  la  disciplina  legislativa   del
finanziamento «si trovi  all'incrocio  di  materie  attribuite  dalla
Costituzione alla potesta' legislativa statale e regionale, senza che
sia  individuabile  un  ambito  materiale  che   possa   considerarsi
nettamente prevalente sugli altri» (sentenza n. 50  del  2008,  punto
7.1. del Considerato in diritto). In tali casi  di  intreccio  (o  di
interferenza  o  di  concorso  o  di   concorrenza)   di   competenze
legislative, che non sia possibile comporre  mediante  l'applicazione
del principio di prevalenza, deve trovare applicazione  il  principio
di leale collaborazione, il quale impone  che  la  legge  statale,  a
salvaguardia delle competenze regionali, preveda  adeguati  strumenti
di coinvolgimento  delle  regioni  nella  fase  di  attuazione  della
normativa, in particolare, di  determinazione  dei  criteri  e  delle
modalita' di riparto (o di riduzione)  delle  risorse  (ex  plurimis,
sentenze n. 27 del 2010, n. 168 del 2008, n. 50 del 2008, n. 133  del
2006, n. 51 del 2005). 
    La necessita' di strumenti di  coinvolgimento  delle  regioni  e'
stata affermata da codesta Corte, in secondo luogo, nei casi  in  cui
la  disciplina  del   finanziamento   trovi   giustificazione   nella
cosiddetta attrazione in sussidiarieta' della stessa allo  Stato,  ai
sensi dell'art. 118, primo comma  della  Costituzione  (ex  plurimis,
sentenze n. 61 del 2018, n. 79 del 2011, n. 285 e n. 242 del 2005). 
    Si richiama ancora quanto rilevato da questa Corte  in  merito  a
disposizioni di  legge  statale  di  riduzione  del  Fondo  sanitario
nazionale da ripartire fra le regioni  (sentenza  n.  103/2018):  «la
norma censurata perverrebbe, "per la prima volta  nella  legislazione
italiana dell'ultimo quindicennio", alla  determinazione  unilaterale
da parte statale, "senza nessuna forma di intesa, accordo  o  patto",
del livello  di  finanziamento  del  fabbisogno  sanitario  nazionale
standard cui concorre lo Stato. Cio' e' accaduto nonostante il  fatto
che la competenza in materia  di  "tutela  della  salute",  ai  sensi
dell'art.  117,  terzo  comma  della  Costituzione,   sia   di   tipo
concorrente  e  costituisca  "il   principale   settore   dell'azione
legislativa,  amministrativa  e  anche  fiscale  delle   regioni"   e
nonostante sia di carattere concorrente anche la competenza  relativa
al coordinamento della finanza pubblica, in quanto  "anche  ai  sensi
dell'art. 119, II comma della Costituzione lo  Stato,  infatti,  deve
limitarsi alla fissazione dei principi fondamentali». 
    In definitiva, secondo la esponente Regione Piemonte, la mancanza
di un accordo in merito all'estensione, ai fini del riparto del Fondo
sanitario,  del  criterio  derogatorio  il  generale  criterio  della
pesatura della popolazione in relazione a specifici LEA, si  pone  in
radicale contrasto con gli articoli 5 e 120 della Costituzione. 
    1.2.  Ma  contrasta  con   il   generale   principio   di   leale
collaborazione, altresi', la previsione di un termine  certo  (il  31
dicembre) entro cui adottare i decreti governativi di fissazione  dei
pesi in mancanza dell'intesa in seno  alla  Conferenza  Stato-regioni
(art. 19, comma 1, lettera b), n. 2, del decreto-legge n. 115/2022). 
    E, invero, questa Corte, gia' all'indomani dell'entrata in vigore
della  novella  del  Titolo  V,  parte  II,  della  Costituzione,  in
riferimento  al  nuovo   assetto   costituzionale   ha   sottolineato
l'esigenza, in tema di livelli essenziali di assistenza (LEA), che  i
decreti amministrativi siano emanati attraverso  procedure  di  leale
collaborazione anche se  si  tratta  di  competenza  esclusiva  dello
Stato. 
    Sempre questa Corte ha avuto modo di statuire  che  «l'assunzione
unilaterale dell'atto non puo' pertanto essere  prevista  come  "mera
conseguenza automatica del mancato raggiungimento  dell'intesa",  con
sacrificio della sfera di  competenza  costituzionalmente  attribuita
alla regione e violazione, per  l'effetto,  del  principio  di  leale
collaborazione» (in  termini,  Corte  costituzionale  -  sentenza  n.
39/2013). 
    Nel caso qui in esame viene in rilievo, infatti,  non  gia'  «una
misura di contenimento della spesa regionale generica», cui applicare
«semplicisticamente»  i  criteri   elaborati   dalla   giurisprudenza
costituzionale sulla prevalenza della funzione di coordinamento della
finanza  pubblica,  bensi'  una   ricalibrazione   della   spesa   in
pregiudizio  delle  regioni  con  «popolazione  piu'  anziana»  nella
particolarissima materia che e' la tutela della salute, rispetto alla
quale, a parere della Regione Piemonte,  il  legislatore  statale  e'
tenuto al pieno rispetto del principio di leale  collaborazione,  con
la previsione di «adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni,
a difesa delle loro competenze». 
    L'intesa s'impone, in  un  ambito  particolarissimo  come  quello
considerato,  pena  il  venir  meno  di  ogni  sostanziale  contenuto
dell'autonomia  regionale,   data   la   rilevanza   quantitativa   e
qualitativa che la materia tutela della  salute  assume  nel  sistema
regionale. 
    Nel  caso  in  esame,  essendo  mancato  un  adeguato   confronto
preventivo con  le  regioni,  chiamate  a  garantire  sui  territori,
«tramite i propri modelli organizzativi e la propria programmazione»,
il diritto alla salute di cui  all'art.  32  della  Costituzione,  il
quale ultimo verrebbe, cosi', compromesso e «degradato» sullo  stesso
piano di altri interessi. 
    Per le complessive ragioni esposte, la ricorrente ritiene che  la
disposizione di legge  qui  contestata,  modificativa  i  criteri  di
riparto  del  Fondo  sanitario  nazionale,  sia  stata  adottata   in
violazione del dovere immanente sullo Stato di  leale  collaborazione
con gli  enti  regionali  a  cui  e'  attribuita  l'organizzazione  e
gestione del Servizio sanitario, e, come  tale,  risulti  affetta  da
vizio di incostituzionalita' per violazione  dell'art.  120,  secondo
comma della Costituzione. 
    Per  le  ragioni  esposte,  la  Regione  Piemonte,   come   sopra
rappresentata e difesa, 

(1) In conformita' alla previsione di cui all'art. 1,  comma  2,  del
    Patto per la salute per gli anni 2014-2016, il quale ha messo  in
    evidenza la «[...]  necessita'  di  rivedere  e  riqualificare  i
    criteri di cui all'art. 27 del decreto  legislativo  n.  68/2011,
    tenendo conto del trend di miglioramento per il raggiungimento di
    standard di qualita' e attraverso  nuove  modalita'  di  pesature
    [...] secondo i criteri gia'  indicati  dall'art.  1,  comma  34,
    della legge n. 662/1996».